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La cultura orientale mi ha da sempre affascinato. Così vicina a noi, ma allo stesso tempo così lontana per contenuti. Usanze. Costumi. In particolare è il paese del Sol Levante, meglio conosciuto da tutti come Giappone, a stimolare la mia curiosità. La sua scrittura. Gli abiti. Le arti marziali. La cerimonia del tè. L’Ikebana, o arte dei fiori. La cucina. I manga. I valori. La famiglia. Le feste. Insomma, tutte cose che conoscete alla perfezione. Ma non è finita qui. Il Giappone è molto altro ancora. Un paese pervaso da usanze e credenze popolari che in pochi conoscono. E che lo rendono unico. Esiste un’antica arte, a mio avviso poco rinomata, che è a dir poco sublime. Il suo nome è Kintsugi – letteralmente “Riparare con l’oro” – ed è un procedimento lento, che richiede molta pazienza e precisione, ma dal risultato e significato sorprendente. Quando qualcosa di fragile come la ceramica si rompe, noi occidentali pensiamo immediatamente che il danno sia irrimediabile. E nonostante, nel caso assai improbabile, riuscissimo a ripararlo, l’oggetto perderebbe ai nostri occhi l’originaria bellezza. L’arte del Kintsugi consiste invece nel riparare le ceramiche aggiungendo una vena di lacca dorata dove i frammenti si ricongiungono. In questo modo il danno non lo si nasconde. Al contrario. Quei maledetti giapponesi lo sottolineano. Te lo sbattono in faccia. Per loro non è affatto un difetto. Anzi. Diventa un nuovo ed unico tratto distintivo. Questo perché la ceramica potrebbe frantumarsi in qualsiasi modo. Ma tra tutti, ha scelto proprio quello. A differenza nostra, credono che quando una cosa ha subito un danno e possiede una storia, diventi più bella. Allora smettiamola di nascondere il nostro dolore. Le nostre preoccupazioni. Le nostre insicurezze. Le nostre paure. Le nostre insoddisfazioni. Smettiamola di far finta di essere intatti. Nessuno lo è. Ognuno di noi ha vissuto esperienze che lo hanno cambiato. Esperienze che lo hanno segnato. Proprio come le ceramiche. Impariamo a metterci anche noi l’oro nelle nostre ferite. Facciamole vedere. Andiamone fieri. Perché è ciò che ci rende unici. Ciò che ci rende più belli. Proprio come le ceramiche. Ed avremo anche noi una storia da raccontare. Proprio come le ceramiche.
Helena ha detto:
In occidente abbiamo la cultura della rottamazione; in giappone hanno la cultura del dettaglio. Bel pezzo 🙂
fattoesfinito ha detto:
Anche quella degli sprechi. Grazie mille.
kalosf ha detto:
Sai qual’è la cosa particolare, visto che siamo quasi a Pasqua, che per il cristianesimo, il punto di riconoscimento del corpo glorioso non è il volto o il sembiante, ma proprio ciò che ha caratterizzato la vita in quanto “imperfezione” o “sofferenza”… Questa cosa che è stata completamente dimenticata è un pezzo davvero mancante nella nostra cultura…un pezzo che ha imposto perfezionismi terribili ed insensati. Il tuo post mi è piaciuto molto e lo condivido. Ciò che è “sbeccato” non va nascosto, ma anzi fatto risaltare. Perchè non c’è ferita che una volta colmata non diventi più bella…
fattoesfinito ha detto:
Sono pienamente d’accordo con te. Ma se da un lato i popoli orientali hanno saputo conciliare progresso e cultura, senza che uno prevalesse sull’altro, per quanto riguarda noi occidentali non posso dire la stessa cosa. Con l’avvento del progresso si sono persi i valori che erano alla base della nostra società. Ritrovarli non sarà affatto facile.
ogginientedinuovo ha detto:
Bel post, molto… Wabi-sabi: se hai voglia leggi da me un post su wabi-sabi e vasi rotti 🙂
A presto!
fattoesfinito ha detto:
Conosco l’argomento, andrò a leggerlo sicuramente.
magicamente73 ha detto:
Interessante! Ottimo approccio. Diametralmente opposto a noi occidentali.
Buona giornata
Magy
Harielle ha detto:
Del Giappone amo in modo particolare due cose, il reiki, di cui sono praticante, e Harumi Murakami, di cui ho praticamente letto tutti i libri. Non conoscevo quest’arte, e la trovo in coerenza con i valori di rispetto e di saggezza di questo paese…mi vien voglia ora di approfondire questo argomento, per cui ti ringrazio e ti prometto di tornare a leggerti presto, un caro saluto 🙂
fattoesfinito ha detto:
Grazie mille a te. Torna pure quando vuoi. Fa sempre piacere avere opinioni diverse. Un saluto.
tachimio ha detto:
Sapevo di questa usanza giapponese.Concordo con le tue conclusioni. Ciascuno di noi deve nel corso della sua vita far fronte al dolore che prima o poi arriva sempre. Sta a noi farne bagaglio e viverlo come esperienza vivificante, riparando il danno da esso provocato proprio come fanno i giapponesi. Mi piace il Giappone con la sua cultura millenaria. Buona serata. Isabella
fattoesfinito ha detto:
C’e’ sempre da imparare dal Giappone. Buona serata.
marcoguzzini ha detto:
Evidenziare le rotture. Mi piace.
fattoesfinito ha detto:
L’oriente è ricco di metafore e insegnamenti come questo a noi sconosciuti. Grazie mille. A presto.
chiaralorenzetti ha detto:
Ho letto questa notizia da tempo e visto le immagini e come restauratrice di ceramica, mi trovo dibattuta.
Come anche per quello che scrivi sulle ferite.
Nel mio lavoro cerco di lasciare i segni del tempo, quelli che potremmo equiparare sull’essere umano ai capelli grigi, le rughe, la pelle meno florida; ma cerco il più possibile di riparare i danni visibili. Non dico coprendoli completamente, ma cercando di mitigare le fratture più grandi, le lacune per rendere al pezzo la sua uniformità e dignità orignale; certo anche la stabilità.
Se penso all’uomo, io credo che le ferite debbano essere nostre, private, intime, non esposti alla mercé di tutti. Le ferite hanno percorsi complessi, che solo noi possiamo comprendere ed esporle troppo e a tutti, è, a mio giudizio, una profanazione di sé.
Bel post
Ciao
Chiara
fattoesfinito ha detto:
E’ una filosofia di pensiero completamente diverse dalla nostra, ma non per questo meno valida. Da sempre la cultura giapponese stupisce con i suoi insegnamenti e i suoi valori. Il mio voleva essere solamente un consiglio a vedere le cose da un altro punto di vista. Niente di più. Grazie mille. A presto.
chiaralorenzetti ha detto:
E hai fatto bene a farlo.
Dobbiamo essere capaci di vedere le cose da tutti i punti di vista, anche quelli ostici.
A presto
SaraMaite ha detto:
Sai che c’è? che te lo condivido… questo punto di vista e pure il post! Grazie!
fattoesfinito ha detto:
Grazie a te. A presto.
vincenza63 ha detto:
Capisco ora che vuol dire avere un cuore d’oro: essere stati feriti molto dalla vita e mantenere intatta la capacità di amare e donare in virtù del prezioso valore aggiunto.
Grazie.
sherazade ha detto:
scusami, passo senza leggere solo per ringraziarti e avvisarti che sfinito ora, dopo aver deciso di immolarti tra i miei ‘followers’, ebbene sfinito sarà troppo poco.
sheraciaograzieapresto
sandrovivan ha detto:
Ho due giovani amici giapponesi. Da loro si puo’ imparare a vivere anche in altro modo. L’IDEALE SAREBBE UNA SIMBIOSI CULTURALE.
fattoesfinito ha detto:
Sarebbe l’ideale ma è anche un’utopia. Non accadrà mai.
Alessandra - L'angolino di Ale ha detto:
Arrivo qui e sento parlare di Giappone. Non posso far altro che mettermi comoda e seguirti con piacere. Il confronto tra cultura orientale ed occidentale mi ha sempre appassionata e continuo irrimediabilmente a subire il fascino del lontano paese nipponico (geograficamente lontano migliaia di chilometri ma lontano anni luce dal nostro consumismo vizioso)
mimi ha detto:
Anche nel caso si rimarginassero completamente, certe ferite rimarrebbero comunque sottopelle… segni preziosi di battaglie, anch’io ho trovato questa idea molto bella 🙂
fattoesfinito ha detto:
C’e’ sempre qualcosa da imparare.